mercoledì 4 febbraio 2009

Voglia di pioggia

Creuza de ma
Si parlava nella precedente puntata di una ospitalità linguistica, di un incontro con l’altro, con la parola dell’altro. Ci si schiudeva d’innanzi la possibilità di costituire la nostra identità a partire dal diverso o anche dallo straniero. Lo straniero che si accoglie e non si scaccia. La grande ospitalità di Creuza de ma non si rivolge però solo alla lingua. C’è un altro motivo di accoglienza che non tocca la lingua ma il linguaggio: quello dei suoni. “ Ombre di facce, facce di marinai, da dove venite dov’è che andate da un posto dove la luna si mostra nuda e la notte ci ha puntato il coltello alla gola.” Come dire i suoni di questi incontri di facce che si chiedono da “dove venite dov’è che andate”. La scelta musicale di De Andrè si rivolge anche questa volta ad una minoranza. Minoranza di suoni emarginati, lontani da quelli che le nostre orecchie sono abituate a sentire. De Andrè prende dal ricco teatro della musica popolare ed etnica. Suoni di popolo, voci di gente. Accoglie canti, sonorità e lo fa utilizzando strumenti presi dalla musica etnica. Ecco che insieme alle parole i suoni ci conducono al viaggio, nella sua dimensione, tra la gente, il mare e i suoi marinai. Vengono così a noi le voci da lontano i suoni dell’incontro, del distacco, dell’attesa e del ritorno. Come la passione travolgente delle labbra di uva spina di Jamina. Quasi un premio al sudato sforzo del marinaio che dopo tanto navigare approda nell’umido dolce del miele dell’alveare di Jamina, conservando l’ultimo respiro per uscir vivo dal nodo delle sue gambe.
La Liguria fa del mare la sua estensione fluida. Creuza de ma, piccola via che scende dai monti al mare, non è solo il senso di uno sforzo di autoadattamento e radicamento, ma è l'inizio di un percorso che si inoltra in mare e la stretta creuza diventa una strada fluida e sterminata, come sterminate sono le possibilità di incontro una volta raggiunto un nuovo porto, e fluidi i linguaggi culturali che si determinano dall'incontro. In mezzo, il mare: momento transitorio, il luogo in cui il seme della diversità è ancora tenuto stretto nel pugno, luogo popolato di anime invisibili, aspettative e ricordi di chi ha lasciato e si appresta a raggiungere.
Il porto ha in sè il senso della transitorietà e sono proprio gli abitanti del porto gli eroi di Creuza de ma: spiriti genuini proprio perchè vivono la transitorietà, anime "essenziali", le più rare, tali perchè più vicine agli elementi primari della terra e dell'acqua, ma non completamente immersi solo nell'una o nell'altra. I cittadini del porto non hanno ancora facce, sono infatti "ombre di facce", che si concedono alla vita in maniera totale, essendosi cibati costantemente di assenza, per poi sparire di nuovo in mare o, consumata la notte, ritornare all'irta e stretta e nota "creuza de ma", cioè ad una normalità strutturata e forse depauperante.
Peppe D., Carmen Friolo, Peppe H.

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